Un progetto di Putéca Celidònia

T’APPÒ MUNNO?!

[…] “‘O mu’, me siente? Ma t’appò? Ma comme te vene ‘e sta accussì? Tu ca si’ nato ‘a nu centinaro ‘e coppie ‘e stelle ca facevano l’ammore senza fà rummore…  me siente munno? Ma che fine hê fatto? Addò so’ fernute chille amanti? Addò è fernuto chell’ammore?” […]

T’Appò Munno?! è un percorso di necessità che parte dai ragazzi di Nisida, dalle loro esigenze e dalla loro natura nello stimolo dell’immaginazione come senso di libertà altro, insegnando loro che in teatro tutto è possibile, con rispetto, gioco e ascolto ma soprattutto se lo si fa insieme.

Il tema da cui siamo partiti è la cosmogonia. Abbiamo domandato loro come fosse nato il mondo. Abbiamo chiesto di utilizzare tutta l’immaginazione che avessero ma non è stato semplice. Più libertà si ha, più difficoltà si incontrano nella capacità di gestirla. Dopo un lungo lavoro siamo riusciti a far nascere da loro delle storie sorprendenti. Ed ecco che il mondo è nato da una esplosione di pop corn oppure dall’esplosione di un supersantos, è nato dal ruggito di un leone o dalla defecazione di una stella. E l’unico modo che questo gruppo di ragazzi ha per fuggire dal mondo che loro stessi hanno creato è quello di rimanere insieme, uniti ad ogni costo.

Drammaturgia Emanuele D’Errico scritto con la collaborazione e la fantasia dei ragazzi di Nisida

Regia Marialuisa Diletta Bosso, Emanuele D’Errico, Dario Rea


Con i ragazzi e le ragazze di Nisida 

Costumi Giuseppe Avallone e Mariacarmen Falanga

Musiche Tommy Grieco

Organizzazione Clara Bocchino, Teresa Raiano

Responsabile formazione Raimonda Maraviglia

Comunicazione Umberto Salvato

RASSEGNA STAMPA

T’appò Munno?!

“Allora le domande che alla fine della rappresentazione pongono e si pongono i giovani ‘attori’ non sono solo semplice richiesta di aiuto, un riflettere sullo ‘stato dell’arte’, ma un invito a ripensare molto sui comportamenti e sulle responsabilità politiche ed etiche di ognuno di noi, come cittadini e come persone. Un progetto quello di Putéca Celidònia che richiede particolare attenzione, guardarlo non solo da un punto di vista ‘tecnico’, di capacità professionali e formative, di sicuro livello, ma come tessera ed esempio per nuovi percorsi teatrali, formati perché no dall’esperienza pandemica e dall’ insegnamento del senso della classicità del linguaggio del teatro, che lo vuole battito di vita e di desiderio sempre in movimento, polisemico e corale.”

(Rita Felerico per Teatrocult)

“Così s’avventurano questi giovani spinti a fare entrare il teatro nella loro vita, per portarselo poi “dentro”, anche quando saranno “fuori” nel mondo già intravisto degli adulti, di cui hanno immaginato e descritto un panorama venato d’ironia e d’invenzione. Ma illuminato da un desiderio di amore che anche se è tradito e deluso sempre amore è, ed è stupore e speranza, può essere preghiera, sogno, profezia, canzone, filastrocca per giochi lontani nel tempo.”

(Giulio Baffi per Repubblica)

Alla fine, sotto la corazza indurita di timidezze che si intravedono, negli interrogativi sul mondo, sul destino e sulla vita, traspaiono un desiderio e una spinta d’amore: per quel mondo del quale non si comprendono le storture, per quel mondo percepito “a capa sotto” e che pure si sceglie di affrontare con reciproca mutualità, fino a detonare in un canto accorato, che trasforma il Padre Nostro in una laica preghiera rivolta al mondo, che termina in un girotondo, tenendosi per mano, come a suggellare l’essenza di uno stare insieme che faccia argine e impedisca, a quel mondo interrogato sulle proprie criticità, di smettere di credere nelle possibilità che può concedere. Resta, negli occhi e nel cuore, sullo sfondo suggestivo offerto da Nisida, il piacere condiviso, di una boccata d’aria buona di cui si sentiva il bisogno.

(Michele Di Donato per il Pickwick)